M’ero
ripromesso di non parlare più di politica. Quella fatta dai protagonisti
dell’audience, quella devota al consenso, quella che adopera bugie e marketing
come fossero aspirine e saggi di filosofia. Quella cosa triste per cui se un
giornalista deve intervistare un leader deve essere egli stesso, per primo, un
leader, una star televisiva. Perché, è cosa ormai nota, i cittadini sono dei
consumatori e la democrazia un mercato.
M’ero
ripromesso di non parlare più di politica, perché poi divento pesante. E la
gente, si sa, oggi ha la fissa della linea.
Per quello non legge e non s’accultura ma preferisce fruire di input snelli e istantanei come le foto e
le citazioni.
Mi
ero ripromesso tutto questo, ma nessuno dice più la verità. Nessuno è immune
dalla menzogna. E cosi parlerò un’altra volta, spero l’ultima, e sempre a me
stesso, di questo carrozzone mediatico, come lo definiscono da più parti, che è
diventato la politica. Tanto più che s’avvicinano le elezioni nazionali e i
personaggi in campo sono costretti – o magari gli fa piacere veramente spinti
da quell’insanabile egocentrismo di cui si nutrono – a mostrare denti, a fare
facce accattivanti, a dispensare frasi per titoli in prima pagina che gli
faranno prendere o perdere migliaia di voti.
Evitando
analisi succinte sugli scenari politici postumi, sulla nuova deriva a destra
del paese e dell’Europa, sulla scelta fra il ritorno al Vintage o alla
cavalcata verso il Nulla, il mio pensiero in questo momento è rivolto
più che altro alla comunicazione politica. Sempre più carente, sempre più spicciola, sempre
più vacua in ogni sua componente: dagli interlocutori, passando per i
contenuti, per arrivare ai feedback.
Ne
è l’esempio lampante l’intervista a Renzi andata in onda ieri sera su La7.
Doveva essere un confronto tra lui e Di Maio, altro leader in campo – lo so non
è uno scherzo – ma sappiamo tutti come è andata.
Ma
il fatto è che è andata anche peggio. M’è parso di assistere ad uno di quei tristi
remake dal titolo “Renzi contro tutti”, dove il segretario del Pd recitava la
parte del “buono” che si difendeva in ogni modo possibile col suo scudo magico
dagli attacchi scagliati dal “potentissimo” e “acerrimo” rivale Floris, dotato
di occhiali laser. Roba che manco gli X-Men. Una recita di basso livello,
copioni male interpretati da entrambi i protagonisti. E non è che è andata tanto
meglio quando sono entrati in scena i vari comprimari: Sallusti, Giannini e
Franco. Quest’ultimo, almeno, meritevole di non aver cercato un ruolo
principale per il nuovo film di Sorrentino.
Se
Renzi ha avuto e avrà sempre il demerito di credersi migliore e più scaltro di
chiunque altro, i suoi interlocutori hanno perlomeno peccato di accanimento
terapeutico, tirando fuori ossessioni e accuse che chissà da quanto covavano.
Certo, viene da chiedersi quale ne sia il reale motivo. Purtroppo, però, ancora
una volta, di costruttivo non c’è stato nulla per il paese e per tutti quelli
che si illudevano di aver ritrovato un leader o almeno un buon programma
televisivo.
Un
paese, che è bene ricordarlo, sta indossando nuovamente la camicia nera senza
che nessuno opponga una minima e seppur flebile forma di resistenza.