Più che “Mare
Nostrum” sono Cazzi nostrum, nel
senso che dobbiamo vedercela da soli con questo fardello che viene dal sud del
mondo, quella parte del globo riservata ai poveri e ai reietti. Sempre più
profughi, morti, annegati, dispersi. Scappano dalla guerra, dalle bombe e
qualche maligno pensa magari perfino dall’Ebola, la febbre emorragica che in
Africa sta destando un discreto allarmismo tra gli addetti ai lavori. Si tratta
di disperati, è bene ricordarlo, che lasciano le proprie abitazioni, i propri
cari e la propria terra per approdare sulle nostre coste, a bordo di
imbarcazioni improbabili che dispensano epatite e scabbia come i numeri al
Lotto. Quelli che sopravvivono fanno scalo a Lampedusa per poi transitare verso
nord, dove ad attenderli non c’è il lavoro, la casa, la terra promessa che
qualcuno di loro immagina, ma spesso ad accoglierli c’è una nuova situazione di
guerra, neppure troppo occulta. Odio, discriminazione e ripudio per chi “puzza”
e viene a “toglierci il posto”, a sottrarci il cibo, a soffiarci l’unica
altalena rimasta libera nel parco.
Certo,
parliamoci chiaro, non è che le cose qui vadano tanto bene. I giovani, un tempo
abituati al benessere, oggi si scontrano soprattutto con la disoccupazione, la
grande compagna della fame, dell’ignoranza e dell’intolleranza, un mix che
getta all’interno dell’animo umano il seme dell’egoismo.
Noi, i figli del
debito pubblico. Noi, gli amici su facebook. Noi, i rivoluzionari con forchetta
e coltello. I nostri genitori ci hanno dato tanto ma non ci hanno lasciato
niente. Sono cazzi nostrum adesso.
E l’Europa
che fa? Le sue istituzioni come rispondono di fronte a questa emergenza? E alla
guerra in Ucraina? E all’avanzata dell’Is in Iraq?
Niente. Cazzi nostrum.
L’Europa è
troppo impegnata con la storia del 3%, quella del rapporto tra Pil e debito. L’Europa
non ha il coraggio di muovere un passo e di uscire da una condizione di
paralisi (che è in primis politica e
culturale e poi economica). Bisogna sistemare i conti, ci dicono, ma i conti adesso
non tornano. Perché se non c’è la crescita e non si crea occupazione, favorendo
gli investimenti, è difficile pure ridurre il debito. La recessione è dunque
alle porte. Cazzi nostrum.
L’Europa è
ferma a Maastricht, all’Euro, all’unificazione economica. Come se la meta di
una comunità fosse la moneta unica. E tuttavia, nonostante questo, il problema
rimane anche economico se si guardano i tassi di disoccupazione, il Pil e tutti
i macro-fattori del declino europeo.
Tutta questa
tecnocrazia, tutta questa pan-economia che si mangia tra Bruxelles, Berlino e
nel nostro caso Roma, non è servita ad un bel nulla, insomma, se non a far
crescere il populismo e a rinvigorire vecchi anatemi nazionalistici. Il che,
d’altro canto, segna un gigantesco passo indietro se pensiamo ai valori
fondanti dell’UE, quali l’unità e la cooperazione.
Il contrario
del termine unificazione è esattamente quello di disgregazione ed è ciò che sta
avvenendo e che continuerà ad avvenire se non si invertirà la rotta. Uscire
fuori dall’egoismo che aleggia nelle istituzioni europee e che è penetrato
lentamente anche nelle coscienze dei suoi cittadini è l’unica speranza che
questa comunità ha, e questo compito spetta alla politica.
Ma se è vero
che la politica la decidiamo noi, con le nostre forme di partecipazione, di
attivismo e di informazione, allora sono davvero Cazzi Nostrum.
Lorenzo Fois