martedì 15 luglio 2014

Riformismo de state


È in arrivo la legge elettorale, l’abolizione del bicameralismo paritario e tante altre sorprese made in Renzi. Nonostante i dissidenti, i franchi tiratori, i soffiatori di minestrine e i traffichini di professione, si vocifera che ci saranno importanti cambiamenti all’interno delle istituzioni. Il riformismo dilaga nel paese!
I politici faranno politica per passione, rinunciando a diarie, indennità e rimborsi vari. Le aziende assumeranno più giovani possibili, compresi i neonati, e i sindacati ridurranno in breve tempo il numero degli scioperi per mancanza di rivendicazioni.
Importanti novità anche sul versante dell’istruzione: la scuola dell’obbligo, presto, diventerà facoltativa. Lo scopo è quello di avviare i giovani al lavoro, sin da piccoli. Ne beneficeranno tutti, pensionati compresi.
Il sistema sanitario verrà riformato, anch’esso. Il modello è quello americano, con una deviazione in senso ottomano e la variabile medioevale.
Il riformismo punta alla crescita: + 3% di evasione fiscale; + 8% di delinquenza; + 13% di ignoranza annui. Il paese dovrà diventare un faro dello sviluppo europeo. Per farlo il governo sta mettendo in campo tutte le risorse disponibili, affidandosi alle migliori menti in circolazione: raccomandati, criminali, corruttori, preti refrattari, pentiti mafiosi.
I risultati, dichiara l’Istat, saranno osservabili nel breve periodo. Anche perché, nel lungo, saremo tutti morti, secondo la tesi di un noto economista del secolo scorso.
Il governo si dichiara molto soddisfatto dei provvedimenti messi in campo, meno di quelli rimasti in panchina, mentre il presidente della Repubblica osserverà la partita dalla tribuna. I maggiori leader mondiali hanno espresso fiducia e ottimismo per le sorti del nostro paese. Nel frattempo, molti di loro trascorreranno le vacanze in Sardegna, a Capri o in alta Badia scommettendo sul prossimo scandalo politico o sullo spread.
Perfino la Chiesa, sull’onda di questo marciante e inarrestabile riformismo, ha dichiarato a breve misure per uno “svecchiamento” delle istituzioni clericali, volte a favorire il ricambio generazionale dei prelati. “Il prossimo Papa sarà donna”, ha scritto un giornale molto vicino alla curia, possibile che sia perfino omosessuale. Prevista l’introduzione di nuove preghiere e la sostituzione dell’incenso con la marijuana entro fine Agosto.
In agenda restano intenti più complicati come il riaffioro dell’economia sommersa, lo sbiancamento del lavoro nero, il controllo dei controllori e il completamento dei lavori per la linea C della metro di Roma.


Lorenzo Fois

lunedì 14 luglio 2014

Resa incondizionata


Alla fine la guerra l’hanno vinta i tedeschi, senza bisogno dell’armistizio. Le loro macchine sono state Mercedes in confronto a tutte le altre che hanno camminato a rilento sulle autostrade brasiliane. Gli argentini ci hanno provato fino all’ultimo, potevano, volevano far sprofondare un paese già disastrato nella disperazione più totale (mi riferisco al Brasile ovviamente). Ma sarebbe stata una guerra tra poveri quella che gli argentini avrebbero voluto vincere. Non ci sono riusciti. I mondiali hanno celebrato dei nazisti travestiti da calciatori, extraterrestri capeggiati sugli spalti dalla signora col culone di piombo.
Troppo forti i tedeschi, troppo organizzati, troppo seri. A vederli da lontano sembrano come tutti gli altri. E invece no, se ti avvicini anche di poco scopri che questi hanno muscoli e nervi d’acciaio, esplosività, corsa, reattività, carattere. Hanno tutto quello che serve per vincere. Troppo anche per l’erede del pibe de oro. Maradona aveva profetizzato la doppietta di Messi e invece è arrivato il gol di Goetze, fantasista tedesco con la faccia da bambino, a rendere inutili e controproducenti certe profezie.
La Germania ha vinto un mondiale che l’ha vista favorita fin dal primo giorno. E ora ha raggiunto noi poveri italiani (quattro mondiali ciascuno), che almeno in tema di pallone, belle donne e cibo potevamo fino a ieri vantare un predominio assoluto nel vecchio continente e non solo. Ora non più, grazie anche ai vertici che si sono succeduti (o non succeduti, a seconda dei punti di vista) nelle sfere e nei piani alti del calcio italiano negli ultimi decenni. Ieri è cambiato qualcosa, o forse no. In fondo, già in Europa, e non solo nel calcio, i panzer si sono posti al comando di un continente in lento declino, dettando legge con il rigore e il loro atavico egoismo politico.
I tedeschi non si fermeranno. Vogliono raggiungere la vetta dell’Olimpo. Di nuovo. Forse c’è da preoccuparsi. La Germania vuole superare i confini di un semplice stato, di una nazione, per diventare qualcosa di più simile ad un continente, "Continente tedesco", in termini di ricchezza, potenza, prestigio, competitività, risorse, ambizione. La Germania vuole essere l’Europa, la sola e unica Europa che può esistere e resistere nell’era dei colossi internazionali. Chissà dove arriveranno, chissà se ci trascineranno ancora una volta in un destino tragico…

Ieri l’Italia tifava Argentina, sperava nella rivalsa dei poveri sui ricchi, del popolo sui suoi padroni. Andando contro la Germania, inconsciamente se la prendeva con l’Euro, con i tecnocrati di Bruxelles e con la Banca Centrale Europea. Ma purtroppo, come si è sentito ripetere spesso in quest’ultimo mese, “il calcio è uno sport che si gioca undici contro undici e alla fine vincono sempre i tedeschi”. Alla fine vincono i più forti e i ricchi hanno sempre ragione dei poveri. Ieri questa leggenda si è tramutata in realtà nuovamente. Nessuno ha rotto l’incantesimo, nessuno ha potuto lanciare la controffensiva. Dopo la resa incondizionata, per strada rimane soltanto un senso di frustrazione per come va il mondo.

Lorenzo Fois