Fra
l’avanzata segreta dell’Isis via mare, con futuri tonni in scatola a fornirgli compagnia durante il viaggio, e la delicatissima e instabile situazione
nell’Est Europa, con Putin e Obama che assomigliano sempre più alla brutta
copia di Chruscov e Kennedy, in Italia occupa un piano di rilievo la cronaca
più becera e desolante. In sostanza, la più amata dai suoi cittadini e
rappresentanti politici imbottiti di twitter e droghe pesanti.
E
così, mentre si discute del futuro della Libia e dell’Ucraina, in un rigurgito
di militarismo novecentesco, a Roma – si, sempre lei, la capitale – orde di
teppisti olandesi devastano una città e alcuni dei suoi patrimoni storici e
culturali, unici per la gloria e la bellezza, ammirati in ogni lingua, quella
che fa capo all’arte, da molti secoli.
A
leccarsi le ferite, ovviamente, non sono gli assessori, i questori, i sindaci
ma come al solito sono stati i cittadini defraudati anche di quel poco di
vanagloria che gli era rimasta. Mettiamola pure così, se a Roma leviamo questi
patrimoni, cosa ne resta di quella città che un tempo (appunto, un tempo)
dominava il mondo e che oggi a mala pena riesce a garantire la sicurezza dei
suoi abitanti (umani e archeologici)?
La
risposta è, purtroppo, poca roba. Le domande che fanno capo ai presunti motivi
riguardo questa barbarie e questo sprofondamento politico e culturale
resteranno comunque prive di soddisfacenti “because”,
per dirla con Antonio Albanese. Inoltre, come se non bastasse, tutti ormai
sanno (e non solo i cittadini autoctoni) che in Italia si può fare il bello e
il cattivo tempo, senza rischiare granché, al cospetto delle pesanti pene che
vigono in quei paesi che proprio questa città, molti secoli addietro, ha
tentato di civilizzare (sebbene con metodi non proprio pacifici, ma che oggi,
dall’America in poi, vengono comunque definiti democratici).
Questo
è il succo di quello che oggi, giornali e social, hanno raccontato. Il tempo ci
racconterà invece del modo in cui si concluderà questa vicenda: se i colpevoli
pagheranno, quanto e cosa pagheranno, chi pagherà chi. Insomma, questione di
soldi. Anche se per le ferite di questo tipo il denaro non è sufficiente. Ciò
che è in ballo è la sicurezza complessiva e la credibilità di un intero paese di fronte a minacce ben più serie di un gruppo di hooligans.
Tempo
fa ho letto da qualche parte un articolo molto divertente sulla possibile
avanzata dell’Isis a Roma, che a detta dell’autore si sarebbe rivelata tuttavia
una mossa controproducente per l’esercito jihadista a causa della natura prettamente
caotica e invivibile della capitale. Tra le altre cose, l’autore in questione immaginava
centinaia di truppe bloccate sul raccordo anulare. Per chi ha vissuto almeno
una volta nella vita questa esperienza, posso assicurarvi che è una delle scene
più divertenti che si possano immaginare a Roma. Se non fosse che Roma, come
tutto l’Occidente, è adesso minacciata realmente dal fanatismo ideologico
dell'autoproclamato Stato Islamico.
Visto
e considerando però lo scarso spessore politico, diplomatico e culturale di chi
governa, almeno apparentemente, le nostre istituzioni, oggi faccio fatica a
sorridere ancora ripensando a quelle parole, senz’altro visionarie. Se potessi
scegliere in questo momento a chi affidare la mia sicurezza, in un contesto di
grave emergenza come potrebbe essere una, per ora remota, situazione di
conflitto bellico, questa persona,
organizzazione o entità non sarebbe certamente lo Stato italiano.
Ho
ad ogni modo un suggerimento da dare: cercando sotto la voce “organizzazione
parastatale”, leggere attentamente i seguenti vocaboli: “Mafia”, “Camorra”, “Ndragheta”.
Dopotutto, è quello che riusciamo a fare
meglio.
Lorenzo Fois