giovedì 13 dicembre 2018

I gillet gialli e le creme antiage


E così, mentre in Francia abbiamo assistito alle rivolte dei gillet gialli, che hanno costretto il presidente Macron a concessioni importanti sul versante della spesa pubblica, violando quella sorta di tabù che è il deficit (a proposito, vediamo come reagirà l’Europa nei confronti dei nostri vicini di casa), ebbene, in Italia la rivolta come sempre rimane circoscritta nei più confortevoli ambienti domestici.
Non che i toni siano meno violenti, chiariamoci. I social network sono dei contenitori d’odio impareggiabili. Ma un conto è opporsi al Potere nelle forme che il Potere da sempre teme (la mobilitazione, l’associazionismo, il disordine), un altro è farlo attraverso i mezzi che questo ha istituito per controllare meglio l’opposizione democratica, ossia l’individualismo cibernetico e internettiano. Detto in termini più accademici: la dispersione della partecipazione politica e della mobilitazione ai tempi della Web Publica.
Premetto che chi scrive non vuole entrare nel merito delle ragioni che hanno scatenato le proteste, sfociate in vere e proprie rivolte, dei cosiddetti gillet gialli. Se ne è scritto e parlato già in maniera abbondante, in quell’orgiastica e morbosa forma di giornalismo che è la cronaca politica. A cui si affianca, è giusto ricordarlo, l’opinionismo democratico delle masse, forma espressiva di un intellettualismo plebeo che vede coinvolte tutte le categorie sociali, perfino quelle protette.
Non si cerca nemmeno di mettere in rilievo le caratteristiche storico-culturali di una nazione, la Francia, che rendono il nostro paese, a confronto, un agglomerato di provincialismo putrido e tremebondo. Bisognerebbe infatti tirare in ballo la rivoluzione francese, la presenza della chiesa – almeno fino agli anni Sessanta – nella nostra organizzazione statale e perfino il ruolo di organizzazioni criminali, soprattutto nel sud Italia, che hanno da sempre ostacolato l’organizzazione di un Capitale Sociale in grado di costituirsi come un Anti-Potere.
Non si vuole fare nessuna lezioncina di storia e geografia, insomma. Eppure, ci si domanda, esisterà una differenza, così palese da poter essere osservata dalla vasta platea degli opinionisti, fra l’assalto alla Bastiglia e quello ad un centro commerciale la prima domenica di pioggia?
Determinerà o no qualche conseguenza la protesta di piazza e la sommossa rispetto allo stupro individualistico delle tastiere?
E ancora. È preferibile, secondo voi, la manifestazione del dissenso o piuttosto il sotterfugio che molti individui perpetrano per ribellarsi a un sistema inefficiente e antipopolare che fa della corruzione un moto perpetuo ed efficiente?

Le rivolte dei gillet gialli altro non sono che l’organizzazione costituita del dissenso (sebbene spesso sfoci in scontri anche molto violenti contro l’ordine costituito), di quella che oggi rappresenta la frattura più importante all’interno dei nostri sistemi democratici: il popolo contro l’élite.
Con tutte le incongruenze e gli errori del caso, i gillet gialli sono in buona sostanza il tentativo più riuscito di avanzare pretese verso i detentori del potere.
In Italia, cosi come negli Stati Uniti e forse in tutti i paesi occidentali, non si è ancora compreso che votare contro un élite equivale semplicemente ad esprimere la propria preferenza per una nuova, differente e speculare élite. Dal momento che la democrazia rappresentativa, piaccia o meno, si fonda sulla competizione (democratica) delle élite che eleggiamo.
Qualora il popolo avverta la necessità di far sentire la propria voce, scardinando anche per un breve periodo – quello delle sommosse – il meccanismo finora descritto, allora è giusto che lo faccia nei modi e con i mezzi di cui si serviti i rivoltosi francesi. Al di fuori, cioè, della normale dinamica dei sistemi rappresentativi.
Infatti, pur commettendo degli sbagli e andando oltre i limiti imposti dall’ordine costituito, queste sommosse non potranno che rivitalizzare il sistema democratico, altrimenti appiattito sulle tensioni dei mercati preoccupati da questa o da quella manovra finanziaria.
La contestazione e il disordine, in ultima analisi, fanno bene alla salute e ringiovaniscono la Democrazia, oggi alle prese con il problema delle rughe e della ritenzione idrica.


Lorenzo Fois