giovedì 4 maggio 2017

Falsi miti di progesso

Le elezioni in Francia sono importanti, ci dicono gli esperti di politica internazionale. Dall’esito delle presidenziali d’oltralpe dipenderanno le sorti dell’Europa. Dopotutto, già dall’esito della Rivoluzione francese dipesero qualche secolo addietro le sorti del Vecchio Continente, che vide spostare il proprio raggio d’azione dai palazzi reali alle assemblee parlamentari, dall’assolutismo alla democrazia, dal potere dei monarchi a quello dei politici prima e delle multinazionali poi.
Sembrava il preludio alla felicità delle classi più povere e disagiate, ma oggi scopriamo che qualcosa non ha funzionato. Che la democrazia, il capitalismo, le istituzioni politiche ed economiche nel loro insieme non hanno prodotto ciò che all’origine esse promettevano. Le diseguaglianze permangono e, in una certa misura, appaiono perfino peggiori (consiglio di leggere “La modernità di un antimoderno” scritto da Massimo Fini).
Va detto che dopo la Brexit l’uscita della Francia dall’Unione assesterebbe un colpo mortale al processo d’unificazione europeo cominciato sessant’anni fa e ancora oggi in attesa di un verdetto. Manca infatti una lingua comune, manca un esercito comune, manca una politica fiscale comune, manca un potere governativo comune. Manca tutto insomma, tranne la moneta che tanto fa discutere e dividere.
L’Europa si è mostrata nuovamente fragile, indaffarata com’è con i suoi tecnicismi. Le istituzioni europee devono infatti fronteggiare il fenomeno del populismo, che altro non è se non il rovescio della stessa medaglia. Non si può infatti pretendere che in democrazia il popolo ragioni come un’elitè, come una classe dirigente, come un manipolo di banchieri o di intellettuali benestanti. Che mantenga calma e sangue freddo di fronte a minacce personali come il terrorismo, la disoccupazione, ecc. Il popolo ha una pancia che quando è vuota ragiona più velocemente del cervello.
Ma che cosa è il popolo, chi lo sa?
Margaret Thatcher, all'alba della rivoluzione neo-liberista, disse: "la società non esiste, esistono solo gli individui" e in un certo senso aveva ragione. Presagiva la società atomizzata fondata sul culto del lavoro e del denaro.

Il popolo in quanto organizzazione e centro del potere non esiste, è un’invenzione dell’illuminismo, che dovette legittimare il potere della borghesia sulla pelle della povera gente. Serviva una scossa, tre secoli fa, allo stagnamento in cui riversavano le monarchie. Serviva legittimare agli occhi del mondo il nascente capitalismo, ormai saldamente nelle mani di una determinata classe sociale. E cosa meglio di una grande sollevazione popolare che univa apparentemente i primi e gli ultimi della classe per riuscire in questo intento?
Da quel momento il potere assoluto si è trasformato nel potere dei pochi.
La rivoluzione francese è stata per certi versi il primo e più riuscito progetto di marketing del capitalismo. Uno spot incredibile dato in pasto alla nascente opinione pubblica, che ha sacrificato via via il concetto di comunità in cambio della libertà personale, che ha confuso l’omologazione con l’uguaglianza, l’autonomia con la solitudine.
Dall’esito delle consultazioni elettorali francesi si saprà come detto il destino, almeno quello più prossimo, che attende l’Europa. Ma non aggiungerà o toglierà nulla al fatto che da oltre tre secoli qualcuno ci sta facendo credere che si stava peggio quando si stava peggio. Ammettendo che questo falso mito di progresso sia anche vero, nessuno potrà dirci però come sarà il domani. E forse non è un caso che quel domani si deciderà, fra qualche giorno, lì dove è iniziato tutto.
La vittoria della nazi-fascista LePen rappresenterebbe in questo senso un forte segnale di rottura nei confronti del capitalismo finanziario, Macron invece il normale avvicendamento al vertice. Ne usciranno probabilmente è vero due Europe differenti. Forse migliori o forse peggiori.


Lorenzo Fois