Alla fine la
guerra l’hanno vinta i tedeschi, senza bisogno dell’armistizio. Le loro
macchine sono state Mercedes in confronto a tutte le altre che hanno camminato
a rilento sulle autostrade brasiliane. Gli argentini ci hanno provato fino
all’ultimo, potevano, volevano far sprofondare un paese già disastrato nella
disperazione più totale (mi riferisco al Brasile ovviamente). Ma sarebbe stata
una guerra tra poveri quella che gli argentini avrebbero voluto vincere. Non ci
sono riusciti. I mondiali hanno celebrato dei nazisti travestiti da calciatori,
extraterrestri capeggiati sugli spalti dalla signora col culone di piombo.
Troppo forti
i tedeschi, troppo organizzati, troppo seri. A vederli da lontano sembrano come
tutti gli altri. E invece no, se ti avvicini anche di poco scopri che questi
hanno muscoli e nervi d’acciaio, esplosività, corsa, reattività, carattere. Hanno
tutto quello che serve per vincere. Troppo anche per l’erede del pibe de oro. Maradona aveva profetizzato
la doppietta di Messi e invece è arrivato il gol di Goetze, fantasista tedesco
con la faccia da bambino, a rendere inutili e controproducenti certe profezie.
La Germania
ha vinto un mondiale che l’ha vista favorita fin dal primo giorno. E ora ha
raggiunto noi poveri italiani (quattro mondiali ciascuno), che almeno in tema
di pallone, belle donne e cibo potevamo fino a ieri vantare un predominio
assoluto nel vecchio continente e non solo. Ora non più, grazie anche ai
vertici che si sono succeduti (o non succeduti, a seconda dei punti di vista)
nelle sfere e nei piani alti del calcio italiano negli ultimi decenni. Ieri è
cambiato qualcosa, o forse no. In fondo, già in Europa, e non solo nel calcio,
i panzer si sono posti al comando di un continente in lento declino, dettando
legge con il rigore e il loro atavico egoismo politico.
I tedeschi
non si fermeranno. Vogliono raggiungere la vetta dell’Olimpo. Di nuovo. Forse
c’è da preoccuparsi. La Germania vuole superare i confini di un semplice stato,
di una nazione, per diventare qualcosa di più simile ad un continente, "Continente tedesco", in
termini di ricchezza, potenza, prestigio, competitività, risorse, ambizione. La
Germania vuole essere l’Europa, la sola e unica Europa che può esistere e
resistere nell’era dei colossi internazionali. Chissà dove arriveranno, chissà
se ci trascineranno ancora una volta in un destino tragico…
Ieri l’Italia tifava Argentina, sperava nella rivalsa dei poveri sui ricchi, del popolo sui suoi padroni. Andando contro la Germania, inconsciamente se la prendeva con l’Euro, con i tecnocrati di Bruxelles e con la Banca Centrale Europea. Ma purtroppo, come si è sentito ripetere spesso in quest’ultimo mese, “il calcio è uno sport che si gioca undici contro undici e alla fine vincono sempre i tedeschi”. Alla fine vincono i più forti e i ricchi hanno sempre ragione dei poveri. Ieri questa leggenda si è tramutata in realtà nuovamente. Nessuno ha rotto l’incantesimo, nessuno ha potuto lanciare la controffensiva. Dopo la resa incondizionata, per strada rimane soltanto un senso di frustrazione per come va il mondo.
Lorenzo Fois
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