Non si
possono dormire sonni tranquilli nel nostro paese, questo è certo. A nulla
servono i materassi in memory foam di
ultima generazione, quelli sopra cui una pietra raggiungerebbe la metamorfosi
kafkiana. Sono cuccette scomode quelle su cui siamo costretti a riposare,
condannati all’allerta perenne. C’è sempre una catastrofe in arrivo, maltempo
in agguato, crisi irrisolte tali da far apparire quelli di “Beautiful” i matrimoni
più duraturi. Subiamo un coprifuoco incessante, le sirene si propagano grazie
all’attività vulcanica dei megafoni delle grandi compagnie del panico: Istat, agenzie
di rating, banche centrali e periferiche. Nervi tesi, cervicali infiammate e vertebre schiacciate: la prosopopea della crisi scorre
sopra i nostri corpi ansiogeni.
La ripresa è
il motto dei politici allergici alla realtà. La depressione quello degli
addetti alla nostalgia di un glorioso passato di ostriche e champagne. C’è chi
striscia e chi si fa calpestare. La verità sta nel mezzo, come si suole dire,
ma in mezzo di solito si rimane interdetti, se non addirittura fregati.
Sorpassati a destra e a manca da guidatori ubriachi nelle loro automobili senza
ruote. La verità è che regna una gran confusione: servirebbe la moviola in
campo. Mangiamo carbonara scotta con bacchette cinesi, scarichiamo applicazioni
per non perderci nella nostra cucina e ci lasciamo persuadere dalla favola di
un tizio che partendo da un garage creò l’azienda più importante al mondo..
Non si
possono dormire sonni tranquilli, nel nostro paese. Nemmeno con 80 euro in più,
l’articolo 18 in meno. Più che un dare e avere, qui si tratta soltanto di
perdere. Chi non ha niente da perdere, non se la passa tanto meglio. Se tanto
mi da tanto, poco mi da niente. Un po’ alla volta, tutto insieme. Piano piano,
come direbbe qualcuno, sottovoce …
Lorenzo Fois
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