lunedì 1 settembre 2014

Quando la scuola diventa l'ultima spiaggia


Se le riforme hanno come intento quello di riorganizzare ciò che sarebbe dovuto essere stato pianificato dalla politica almeno venti anni fa, allora i risultati di queste agognate riforme si vedranno non prima dei prossimi vent’anni. Già, perché questo è il ritardo medio accumulato dall’Italia rispetto ai paesi più avanzati. Qualcuno – come sappiamo – sostiene che la colpa sia attribuibile alla politica berlusconiana, rea di aver perso tempo appresso alle vicende personali dell’ex premier. Qualche altro, al contrario, ritiene che la responsabilità debba ricadere invece su una certa parte della politica e della società che ha ostacolato Berlusconi nel suo progetto di riforme, sin dalla sua ascesa politica. Infine, c’è chi sostiene (e mi sembra la tesi più accreditata) che Renzi sia il Berlusconi 2.0, il quale tuttavia gode di un consenso maggiore di quest’ultimo per via della sua apparente lontananza da certe pregiudiziali morali e politiche (iniziali favoreggiamenti quando l’anchorman vestiva i panni dell’imprenditore rampante; vicinanza del politico brianzolo ad ambienti mafiosi; continui scandali sessuali del “settantenne Silvio” a metà tra il burlesque e il reato penale).
Bene, se diamo per buona l’ultima, Matteo Renzi vestirà i panni, più che del “rottamatore”, del primo vero riformatore dell’Italia repubblicana (seppur sotto l’attenta vigilanza della Corte costituzionale). Ciò che per il momento rimane un intento, un’etichetta scomoda da portare in un paese dominato dal clientelismo e dal parassitismo.
Fatto sta che nel mare magnum delle perplessità, delle speranze e delle ambiguità, c’è un unico dato certo e incontrovertibile: l’Italia è un paese immobile, paralizzato dalla burocrazia, dalla lentezza dei tempi della giustizia e dalla pesantezza del gettito fiscale. Il riformismo deve scontrarsi con questi ostacoli che sembrano insormontabili, oltre che con gli aspetti economici congiunturali (disoccupazione, recessione, vincoli esterni). Come se non bastasse, l’Europa sembra al momento rappresentare un freno più che un salvagente per un paese che deve tirarsi fuori dalla burrasca. Insomma, la nave comandata da Matteo Renzi ancora deve intravedere un porto sicuro. Le idee sembrano esserci, le risorse e il tempo scarseggiano.
Pensiamo alla riforma della scuola, la più importante e sempre al centro di accesi dibattiti, sia perché non c’è mai stata una vera e propria “visione” della scuola nelle menti sofisticate che si sono alternate negli alti piani ministeriali, sia perché questo è il paese dove si staglia come una roccaforte l’altisonante grido de: “è tutta colpa dei professori”. È colpa dei professori se mia figlia è stata bocciata, se non si è mai interessata a niente, se non ha mai studiato, se non entrava a scuola la mattina. Diciamo che lo scarica barile è lo sport di migliaia di madri di fronte al fallimento educativo, e il rimpiattino diventa lo specchio davanti al quale si cerca di scaricare le proprie responsabilità per vivere più sereni (sereni di cosa?). Se le madri italiane aprissero una partita Iva andrebbero fallite immediatamente, tali sarebbero le loro colpe da pagare sotto la voce di imposte. Ecco, se c’è un ritardo in Italia, questo va rintracciato innanzitutto nella mentalità di migliaia di madri e di padri che proteggono i loro figli come dei ricercati col solo risultato di farli vivere, depressi e annoiati, perennemente sotto una campana di vetro!
Dicevo della riforma della scuola: tra le tante proposte (vedremo quante di queste diventeranno legge) spiccano senz’altro quella dell’insegnamento di alcune materie in inglese già nella scuola primaria e l’accelerazione sotto il versante dell’informatica e della tecnologia sempre per quanto riguarda l’insegnamento primario. Se pensiamo infatti che questo è il paese che ha portato alla luce invenzioni come la radio, il telefono e il radar è quanto mai sorprendente il fatto di come per moltissimi giovani l’uso di Excel e Power Point, per non parlare della conoscenza delle lingue straniere, rappresenti una meta tanto sconosciuta quanto quella delle possibili forme di vita alternative presenti nello spazio.
Non è il caso di interrogarsi sui colpevoli, sui mandanti delle stragi di intelletti che si sono consumate per intere decadi e che hanno colpito intere generazioni. Io continuo a pensare che se la politica fallisce, la colpa è della società.

L’Italia è arretrata, è disorganizzata, è poco attraente (finanziariamente parlando). Come qualcuno ha già scritto, “l’Italia è un paese per vecchi”. Con buona pace di Matteo Renzi, che ce l’ha messa tutta per “rottamare” l’usato di facciata mentre i vecchi capi tribù (presidenti, vice-presidenti, direttori generali, consigli d’amministrazione) sono rimasti sempre lì a spingere per la conservazione. Il potere invisibile, come sempre, è quello più difficile da contrastare. Meglio prendersela con i più deboli, allora, altro sport praticato dalla maggioranza delle persone ...
L’Italia è il classico esempio delle occasioni sprecate, del vorrei ma non posso, del peccato che vadano così le cose, peccato che le cose non cambino mai. L’Italia è l’unico paese al mondo dove i genitori si sentono ripetere in continuazione dagli insegnanti: “Se solo suo figlio studiasse … è cosi intelligente, peccato che si applica poco”.  
Ecco, è ora di finirla con questi cliché. La riforma della scuola (in tutte le sue componenti) e l’innovazione dei metodi d’istruzione è il primo traguardo da raggiungere se si vuole far uscire questo paese dalle sabbie mobili. Dopo viene tutto il resto, altrimenti si rischia di fare la fine delle strade disastrate: prima o poi si aprirà una voragine che ci inghiottirà tutti dentro.
Se si vuole davvero investire sui giovani, come si sente ripetere spesso negli ultimi tempi, a dire il vero più come slogan che come una serie di iniziative concrete volte a ridurre il numero dei disoccupati,  il governo cominci a farlo partendo dai luoghi in cui questi iniziano a costruire il loro futuro. Anche se dovremo aspettare vent’anni per raccoglierne i frutti e molti giovani saranno ormai vecchi rottami. Mi sembra la soluzione più alla portata di mano o, volendo, l’ultima spiaggia.

Lorenzo Fois

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